QUALE PROGRESSO PER LA CHIESA CATTOLICA?

di Vito Sibilio

I

Il processo che, coincidendo con lo scandalo del Vatileaks e traendo forza da esso, contribuì a cambiare l’indirizzo generale della Chiesa tra il Papato di Benedetto XVI e quello di Francesco, si identifica con la maturazione di una serie di istanze e movimenti di cattolici del dissenso, trasversali al clero e ai fedeli, che riescono in quel frangente ad andare al potere, coalizzandosi tra loro e con altri gruppi ecclesiastici di vertice e godendo del supporto visibile dei ceti dirigenti dell’Occidente. In ragione di ciò, lo si è assimilato alle Rivoluzioni Colorate promosse dagli USA, facendone così una sorta di regime change  o golpe bianco. Fermo restando che io rimango convinto di quanto ho scritto sull’abdicazione di Benedetto XVI, del tutto libera, anche se resasi impellente per la fatica sostenuta nel mettere ordine nel caos del Vatileaks, nell’estirpazione della pedofilia e nel riordino del sistema finanziario del Vaticano, in quel che segue cercherò, mettendo in ordine ed in correlazione diversi fatti, di mostrare come sia oramai evidente che il progressismo cattolico sia stato accompagnato, nel suo pur libero sviluppo, dall’alta finanza mondialista e poi, una volta vinta la battaglia contro l’URSS, usato per espugnare la Chiesa, dopo una battaglia iniziata contro Giovanni Paolo II e culminata sotto Benedetto XVI.

Tale operazione può essere considerata la risultante di tre elementi convergenti: la strumentalizzazione degli scandali per azzerare il prestigio della Chiesa, la catalizzazione del dissenso di base per sovvertirne l’ordinamento materiale e una guerra psicologica contro Ratzinger per frastornarlo a tal punto da farlo morire o, in subordine, da affrettarne le intenzioni abdicatarie, fatte intuire da prima ancora dello scoppio del Vatileaks, nel 2009 durante la visita all’Aquila, culminata nel pellegrinaggio alle reliquie di San Celestino V.

II

È una storia complessa, avviatasi molto prima di quando chiunque avesse potuto presagirne la fine, al punto di incontro tra indirizzi culturali diversi e che ebbe protagonisti molto differenti.

La prima tappa si ebbe nel 1969, quando si tenne a Medellin la prima Assemblea Generale del CELAM, l’organismo di raccordo delle Conferenze Episcopali Latino Americane, che fece una scelta politica e sociale fortemente segnata dall’influenza del socialismo e che aprì la strada alla nascita della Teologia della Liberazione. Se questa si sviluppò anche e soprattutto per le interferenze dei servizi segreti dell’Est, assai attivi anche tra i Gesuiti e desiderosi di destabilizzare la Chiesa dall’interno, l’Assemblea di Medellin ebbe l’approvazione della Fondazione Rockefeller, che considerava il socialismo una forma di governo adatta a paesi più arretrati come quelli del subcontinente latinoamericano e mirava a condizionarlo mediante politiche di contenimento della crescita demografica e di svecchiamento del pensiero cattolico dominante.

Il 9 febbraio 1970, in Europa, Joseph Ratzinger, Karl Lehmann, Walter Kasper e molti altri, a fronte della crisi vocazionale ed identitaria del clero, espressero una visione possibilista sull’ammissione al sacerdozio di uomini sposati,  i cosiddetti viri probati. Visione riapparsa anche nel libro Luce del Mondo, scritto da Ratzinger, quando divenne Papa, a quattro mani con Peter Seewald e pubblicato nel 2010.

Nel 1971 Gustavo Gutierrez pubblica l’opera Teologia de la liberaciòn, che dà inizio al movimento che ne porta il nome. In esso la promozione umana è identificata con il riscatto sociale,  quest’ultimo fa tutt’uno con la Redenzione, la lotta di classe viene accettata come strumento, l’analisi marxista adoperata come metodo di studio.

Il 6 agosto 1978 morì Paolo VI, mentre si accingeva a restaurare i poteri del Sant’Uffizio. Dopo il pontificato di trentatré giorni di Giovanni Paolo I, del cui rigore disciplinare nessuno poteva dubitare, morto alla vigilia di una drastica repressione del dissenso dei Gesuiti di Pedro Arrupe, venne eletto, il 16 ottobre, Giovanni Paolo II.

Nel 1979 si tenne l’Assemblea Generale del CELAM a Puebla, dove Giovanni Paolo II mise in guardia dalle deviazioni ereticali della Teologia della Liberazione. Il movimento tende ad assestarsi, anche perché nel 1984 e nel 1986, con le istruzioni Libertatis Nuntius e Libertatis Coscientiae, la Congregazione della Dottrina della Fede, presieduta da Joseph Ratzinger e per conto del Papa, ne censura le storture. Le proteste dei movimentisti, non a caso sostenuti in Occidente dai media mondialisti, non fanno retrocedere la Santa Sede. I mondialisti speravano di conquistare il blocco sovietico dal di dentro, con investimenti economici che lo inducessero a  creare insieme un nuovo ordine mondiale, attingendo ad un progetto che attingeva al socialismo fabiano anglosassone, più antico di quello marxista. Per questo avrebbero voluto che Giovanni Paolo II attenuasse il suo zelo anticomunista, ma senza successo. Il Papa non credette mai che il blocco comunista potesse evolversi democraticamente mantenendo le sue specificità e agì di conseguenza. Le correnti moderate della Teologia della Liberazione, tuttavia, non vengono represse e la corrente spirituale, pastorale e pacifista, rappresentate da Eduardo Francisco Pironio, poi Cardinale, e da Helder Camara, vescovo di Recife, godono di un certo prestigio. Sono senz’altro le forme più mature di teologia inculturata proprie dell’America Latina, la più vasta regione cattolica del globo, ma anche ancora culturalmente arretrata. In questo alveo ortodosso della Teologia della Liberazione, nella sua forma detta del Pueblo, si formò anche Jeorge Mario Bergoglio.

Nel 1989 fu firmato il Manifesto di Colonia, da 220 studiosi, contro i punti chiave del magistero di Giovanni Paolo II in bioetica e per una riforma del governo ecclesiastico tramite decentramento. Esso era il punto di arrivo della contestazione ecclesiastica tedesca e centro europea scaturita dalla crisi post conciliare. Tale appello non fu mai censurato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, retta all’epoca da Ratzinger, ovviamente d’intesa col Papa. Era il primo segno di una difficile convivenza, in un solo corpo ecclesiale, di almeno due anime, sostanzialmente moderate, una di tendenza conservatrice e una di orientamento riformista, entrambe radicate in Europa e nella medesima storia ecclesiastica recente.

Nel 1992, alla caduta del Socialismo reale, l’Assemblea Generale del CELAM a Santo Domingo, presieduta da Giovanni Paolo II, apre ad una fase nuova, post ideologica, della Teologia della Liberazione, i cui presupposti epistemologici sono oramai venuti meno.

Nel 1993, sulla scia del Manifesto di Colonia, i vescovi di Magonza Karl Lehmann e Stoccarda Walter Kasper si dissero favorevoli all’ammissione alla comunione eucaristica dei divorziati che avessero condotto, sotto la guida di un sacerdote, un cammino di discernimento. Questa istanza, fatta propria dal Gruppo di San Gallo di cui Lehmann faceva parte, sarebbe poi stata recepita dall’esortazione apostolica Amoris Laetitia di Papa Francesco, ma all’epoca non fu presa in considerazione. La cosa non impedì ai due promotori di diventare poi Cardinali per mano di Papa Wojtyła.

Nel 1994 la Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis di Giovanni Paolo II, che ribadiva l’inammissibilità delle donne al sacerdozio ministeriale con un atto di magistero supremo ed ordinario, venne contestata negli USA dall’arcivescovo di Milwaukee Rambert Weakland, che aveva raccolto il sostegno di quaranta vescovi. Era una significativa manifestazione del progressismo cattolico eterodosso americano, minoritario, non politicizzato e ispirato all’Americanismo, eresia condannata da Leone XIII e che prevedeva l’adattamento dei dogmi e della morale cattolici alla cultura USA.

Nel 1995 nacque tra Germania, Austria e Alto Adige il movimento Wir sind Kirche, per il cambiamento dottrinale e gerarchico della Chiesa. Esso divenne una associazione internazionale l’anno successivo e prese la denominazione di We Are Church International. Rifacendosi esplicitamente all’insegnamento di Hans Küng, il guru del dissenso ereticale post conciliare, di sicuro godette degli ingenti finanziamenti di cui il teologo poté sempre disporre da parte del grande capitalismo tedesco, come ad esempio dalla Wolksvagen, gravitante attorno alla Commissione Trilaterale e al Gruppo Bilderberg, nonché molto influente nella CEE, poi UE. L’associazione si strutturò in gruppi nazionali, elencati ancora oggi sul suo sito web.

III

Nello stesso anno inizia a riunirsi il Gruppo di San Gallo. Carlo Maria Martini gli dà le coordinate spirituali. Godfried Danneels cura le sue relazioni con la finanza mondialista. Achille Silvestrini quelle con la politica internazionale. Continuerà a riunirsi segretamente fino al 2005, per preparare una candidatura progressista alla successione di Giovanni Paolo II e sbarrare la strada a Joseph Ratzinger.

Nel 1997 We are Church International si diede un manifesto che richiedeva l’elezione episcopale da parte dei fedeli, l’ordinazione femminile, l’abolizione del celibato del clero, la libertà di coscienza sessuale, quella di ricerca teologica. Si trattava in fondo di un programma di secolarizzazione della Chiesa Cattolica che poteva convergere facilmente con quello tecnocratico dell’alta finanza globalista.

Proprio negli anni ’90 del secolo scorso, in un ciclo di conferenze internazionali dell’ONU (dal Vertice di Rio de Janeiro sull’ambiente nel 1992 fino al Summit di Roma sull’alimentazione nel 1996) si scatenò una battaglia diplomatica senza precedenti tra Stati Uniti e Unione Europea da una parte e Santa Sede dall’altra proprio sui temi dell’aborto, del controllo delle nascite, sulle teorie di genere considerate parte integrante della lotta all’inquinamento e della redistribuzione delle risorse ai fini della lotta alla povertà. In quella decade, non a caso, in corrispondenza dei molti malanni del Papa, si levò dalla Germania e dagli USA più volte la voce della necessità della sua abdicazione in caso di inabilità. Uno dei fautori di questa scelta fu il Cardinale Lehmann, presidente della Conferenza Episcopale Tedesca e membro del Gruppo di San Gallo, il cui vertice, rappresentato dal Cardinale Danneels, era in contatto col mondialismo, attraverso il World Council of Religions for Peace, finanziato dalla Fondazione Rockefeller e dalla UE. Erano gli anni dei due mandati presidenziali di Bill Clinton (1994-2001), esponente del progressismo mondialista e intriso di cultura New Age. Le campagne orchestrate dalla Trilaterale sotto di lui contro il Papa non ebbero però successo, per l’altissimo prestigio di questi.

Nel 1998 Joseph Ratzinger fece un intervento pubblico in cui lanciava l’ipotesi di riconoscere la nullità matrimoniale nel caso in cui almeno uno dei due coniugi non avesse fede nel vincolo sacramentale e quella di lasciare al foro della coscienza la decisione di comunicarsi o meno a chi fosse convinto della nullità delle sue nozze, anche se il tribunale ecclesiastico competente non l’avesse riconosciuta. La cosa non ebbe alcun seguito ma dimostra, ancora una volta, che anche da custode della Dottrina della Fede, Ratzinger non poteva essere etichettato semplicemente come un conservatore, avendo proposte di innovazione da formulare, purché nella continuità della Tradizione dottrinale cattolica. Nello stesso anno Giovanni Paolo II scrisse la Lettera Apostolica Apostolos Suos in cui ribadiva i fondamenti del centralismo papale nel governo della Chiesa a dispetto di alcune rivendicazioni eccessive di parte dell’Episcopato, sia anglosassone che, specialmente, dell’Europa centrale e settentrionale.

Nel 2000 le tendenze irenistiche e sincretiche dell’Occidente, caldeggiate anche dal mondialismo finanziario a scopo di livellamento delle differenze culturali e per favorire l’integrazione economica, sono rigettate dall’istruzione Dominus Iesus della Congregazione per la Dottrina della Fede, firmata da Joseph Ratzinger e approvata da Giovanni Paolo II, che è costretto a difendere in pubblico l’operato svolto in tal senso dal suo collaboratore.

Nel 2002 furono ordinate prete sette donne, nei pressi di Passau, in Austria, dal vescovo scismatico argentino Romolo Braselù. Scomunicate, aderirono al movimento americano Roman Catholic Priests, uno dei tanti della galassia progressista americana, facile ad attecchire nel Paese per la sua legislazione particolarmente favorevole alle associazioni di culto.

Nel 2005 Paul Zuleher, docente di Teologia Pastorale all’Università di Vienna, chiese, dalle colonne di US Catholic, regole più elastiche per l’accesso alla comunione eucaristica di separati e divorziati.

IV

Nello stesso anno, il 2 aprile, Giovanni Paolo II morì e Joseph Ratzinger gli successe come Benedetto XVI, il 19 di quel mese. Il Conclave aveva, con larga maggioranza, preferito lui al candidato progressista Jeorge Mario Bergoglio, divenuto Cardinale Primate di Argentina, gesuita atipico e discepolo di Pedro Arrupe e Romano Guardini, portato avanti dal Gruppo di San Gallo, al quale però egli aveva partecipato poco o niente. Benedetto XVI, nell’agosto di quello stesso anno, rivolse al clero di Aosta, presso cui si era recato in visita, un discorso in cui riprendeva i contenuti del suo intervento pubblico del 1998 sulla nullità matrimoniale. Da Papa, tuttavia, Benedetto XVI non avrebbe fatto nessuna innovazione alla disciplina matrimoniale, intuendo forse che sarebbero state profondamente divisive.

Nel 2005 venne fondata negli USA la organizzazione no profit Catholics in Alliance for the Common Good (CACG), per promuovere la piena applicazione della dottrina sociale Cristiana. I fondatori furono Alexia Kelley e Tom Perriello, due personalità cattoliche indubbiamente legate ai Democratici americani, senz’altro più che progressiste e che, dopo qualche anno, sarebbero risultati uomini di paglia di una operazione segreta del mondialismo politico-finanziario di sinistra, come vedremo. La Kelley è attualmente presidente e CEO della Foundations and Donors Interested in Catholic Activities, mentre sarebbe stata, con Obama, presidente e senior advisor dell’Office of Faith-based and Neighborhood Partnerships. Impegnata in campagna elettorale con John Kerry, può essere definita una sostenitrice della riduzione dei principi cristiani a quelli della società americana contemporanea e progressista. Perriello invece è un diplomatico, un  burocrate e un politico, che dal 2021 è responsabile delle attività negli USA della Open Foundation di George Soros. Questa nomenklatura e questo movimentismo indotto attestano la saldatura del progressismo cattolico anglosassone con una parte del mondialismo finanziario e politico imperniato sul Council of Foreign Relations (CFR), con il relativo asservimento del primo al secondo. La parte in questione è quella più progressista, atta ad esprimersi attraverso il Partito Democratico, mentre l’ala più conservatrice, anima del Partito Repubblicano, si identificava con la politica di George W. Bush, intenta a tutelare la famiglia naturale e il diritto alla vita e atta a garantirgli, nei suoi due mandati (2001-2008), il grosso del voto cattolico, delle destre evangeliche e della maggioranza degli ebrei americani. La morte di Giovanni Paolo II, che con Bush era in contrasto per la sua politica medio orientale, e l’elezione di Benedetto XVI, assai poco interessato alla politica e alla ricerca di una sponda importante in Occidente per il suo programma di restaurazione religiosa e morale, aveva facilitato l’intesa, tanto quanto gli orientamenti più pacifici del secondo mandato del Presidente. In pratica, l’oligarchia mondialista era divisa ed aveva priorità, ma soprattutto metodi, diversi e i cattolici americani potevano fare la differenza nella scelta del Presidente, che comandava tutto il mondo. Perciò la sinistra globalista puntava su una trasmutazione culturale del Cattolicesimo, almeno negli USA.

V

A prova di ciò, nel 2005 fu fondata Catholics United, dagli attivisti cattolici di sinistra Chris Korzen e James Salt, sulle ceneri del Catholic Voting Project del 2004, nato per sostenere la candidatura presidenziale di John Kerry nonostante la propaganda repubblicana gli rinfacciasse il suo abortismo. Catholics United è una organizzazione no profit, che vuole apparentemente promuovere la giustizia e il bene comune alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa e ad oggi ha 50000 membri. Non legata ufficialmente alla Chiesa Cattolica USA, svolge ancora un importante ruolo nel dibattito religioso e politico americano. Come vedremo, si rivelerà essere una sorta di testa di ponte del mondialismo finanziario e politico nel Cattolicesimo americano. L’associazione si batté da subito per il cosiddetto diritto all’aborto, entrando in rotta di collisione con la Conferenza Episcopale USA e contestando la sua scelta di non concedere la comunione eucaristica ai politici cattolici abortisti.

Nel 2006 la sezione tedesca di We Are Church pubblicò 79 tesi teologiche che negavano l’Onnipotenza di Dio, la Divinità di Cristo, la Concezione Verginale di Maria, la santità e l’universalità della Chiesa. L’anno dopo tutta l’associazione prese posizione per il matrimonio omosessuale. In quello ancora successivo negò l’esistenza del sacerdozio ministeriale. L’organizzazione stava scivolando inesorabilmente verso delle forme tali di eresia da essere priva di qualunque futuro nel governo della Chiesa, allontanandosi sempre più dalle istanze della vita pratica. Tuttavia fu capace di replicarsi indirettamente nelle sue forme originarie.

Nel 2006 infatti Helmut Schüller, già Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Vienna e Presidente della Caritas Diocesana, fondò Pfaffer Initiative, una associazione di chierici di orientamento progressista.

Tra il 2005 e il 2006 George Soros, attraverso la sua fondazione Open Society, donò a Catholics in Alliance for Common Good 50000 dollari all’anno. Nel 2007-2008 la somma salì a 100000 dollari all’anno. Altri 300000 dollari finirono a Catholics for a Free Choice, un’associazione di sedicenti cattolici pro aborto, condannata da molte Conferenze Episcopali, ma sostenuta da sempre dalla Fondazione Ford. In questo Soros si collocava nel solco di una tradizione ultradecennale che vedeva protagoniste le principali fondazioni americane, da quella dei Rockefeller a quella appunto dei Ford, da quella dei Kellog a quella dei Turner, impegnatissime nel contenimento demografico, onde evitare redistribuzioni della ricchezza nocive per i loro patroni. Questa relazione con la finanza globalista dava al progressismo cattolico USA una coloratura molto politica e del tutto aliena dalle dispute dogmatiche e dottrinali dell’ambiente europeo.

Nel 2007 Benedetto XVI fece ribadire dalla Congregazione della Dottrina della Fede, presieduta da William Joseph Llevada, la validità dei principi espressi nell’istruzione Dominus Jesus. Nello stesso anno, infatti, suor Laurie Brink, della Leadership Conference of Women Religious degli USA, aveva caldeggiato la nascita di una comunità religiosa che andasse oltre il Cristianesimo e persino oltre Gesù Cristo. La cosa piacque alla Fondazione Rockefeller che finanziava da sempre gruppi irenistici e sincretici, con una strizzata d’occhio all’esoterismo occultista del Lucis Trust, in origine Lucifer Trust, potente organizzazione no profit.

Nel 2008 venne eletto Presidente degli USA Barack Hussein Obama, emanazione degli ambienti di Wall Street e del progressismo mondialista, con l’appoggio decisivo dei Catholics United. Suo Segretario di Stato fu Hillary Clinton, a sua volta legata alle correnti new ager del pensiero americano. Il Presidente divenne il campione delle lobby LGBT e abortiste. L’ascesa di Obama coincide con lo scandalo del Vatileaks in Vaticano, nel quale credo di aver dimostrato abbastanza bene il coinvolgimento degli USA nei precedenti articoli dedicati a quell’argomento e qui pubblicati. Quel coinvolgimento si addice bene ad altre politiche seguite dal Presidente. Nel fomentare le Primavere Arabe, Obama disse di voler portare la democrazia in Medio Oriente e Africa del Nord, ma sapeva bene che avrebbe consegnato interi Paesi a lunghe guerre civili, che avrebbero costretto le forze del mondo arabo islamico a combattersi tra loro e non a convogliarsi verso l’esterno. Allo stesso modo, non volendo combattere guerre in campo aperto, le fece per procura sostenendo movimenti apparentemente molto lontani ideologicamente dagli USA – come l’ISIS  o il nazionalismo ucraino – per usarli contro avversari non diversamente raggiungibili, come l’Iran e la Russia. Il Presidente poi puntellò l’egemonia americana nel blocco occidentale favorendo l’ascesa, nei Paesi alleati come la Gran Bretagna, la Francia, la Germania, l’Italia, di leader che spesso furono solo dei vassalli o che almeno erano perfettamente allineati a Washington (Sarkozy, Hollande, Cameron, Monti, Letta, Renzi). Tutte misure, queste, che hanno una somiglianza di fondo con quanto sarebbe accaduto, sotto la sua Amministrazione, alla Chiesa Cattolica, anche se in modo incruento.

Nel 2009 arrivò alla Leadership Conference of Women Religious, come Visitatrice Apostolica per conto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, suor Marie Claire Millea, delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù. Nello stesso anno la posizione tradizionale della Chiesa sulle condizioni per l’ammissione alla comunione dei divorziati fu ribadita da Marco Paldi, preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. Subito dopo questi venne nominato membro della Commissione Teologica Internazionale della Curia Romana.

Nel 2010 il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönbornn, mentre già iniziava il caso del Vatileaks, chiese pubblicamente una revisione della norma del celibato ecclesiastico, l’ammissione ai sacri ordini di uomini sposati e di donne e la concessione della comunione eucaristica ai divorziati, compresi quelli risposati. In questo modo recepiva almeno parzialmente le istanze dell’Appello al Popolo di Dio del movimento Noi siamo Chiesa. Il Cardinale, in una celebrazione penitenziale nella Cattedrale di Santo Stefano, volle accanto a sé i due leader del movimento, i coniugi Hans Peter Hurka e Martha Herze. Colpisce che il Cardinale prendesse a pretesto per queste richieste lo scandalo della pedofilia, nonostante non vi fosse alcuna connessione. Colpisce anche l’obiettiva vicinanza tra le sue posizioni e alcune delle le tesi che il Gruppo di San Gallo era andato sostenendo sotto traccia, per cui si potrebbe ipotizzare una sua precedente frequentazione del circolo, anche se ad oggi non nota. Nessun provvedimento significativo fu preso da Benedetto XVI contro il Cardinale, forse per la consapevolezza di regnare su una Chiesa divisa.

Nello stesso anno l’associazione Aktionskreis Regensburg a Ratisbona ripropose il documento di Ratzinger, Lehmann e Kasper sull’ordinazione dei viri probati del 1970, probabilmente passatole dallo stesso Lehmann.

Sempre nel 2010, Catholics United negli USA sposò risolutamente la causa del matrimonio omosessuale, in aperto contrasto con la Conferenza Episcopale Americana. Ancora in quell’anno, la medesima organizzazione sostenne, ma senza successo, la candidatura al Congresso di alcuni cattolici progressisti, tra cui Tom Perriello, di Catholics in Alliance.

Nel 2011 venne pubblicato l’Appello alla Disobbedienza di Pfaffer Initiative, firmato da 450 preti e diaconi, un decimo del clero austriaco. Esso chiedeva la comunione eucaristica per i divorziati risposati, l’ordinazione per gli uomini sposati e per le donne e rigettava per i sottoscrittori l’obbligo di coprire più parrocchie senza titolari, caldeggiando la celebrazione eucaristica da parte dei fedeli laici. L’Appello venne ripreso da Kunegonde Furst, superiora delle Francescane dell’Alta Austria. Il Papa, nel Giovedì Santo dello stesso anno – segnato dallo scandalo del Vatileaks– rimproverò i dissidenti, ma non fece null’altro, presumibilmente per non causare uno scisma in Austria.

Nel 2011 in Germania, dopo che l’anno 2010 trascorse nello chock delle rivelazioni sulla pedofilia nel clero – si pensi agli abusi del Collegio Canisius- ci fu l’appello Chiesa 2011: una svolta necessaria, lanciato dalla pedagoga delle religioni Judit Kölemann, di Münster, assieme ad altre otto persone, e che raggiunse presto 143 sottoscrittori tra i teologi austriaci, svizzeri e tedeschi, chiedeva a Roma l’abolizione del celibato e, come da copione progressista, anche meno rigorismo morale, meno accentramento gerarchico, scelta popolare dei Vescovi, ordinazione delle donne. Significativamente la grande stampa diede molta eco all’appello.

Ad esso replicò http://www.Kath.net, il sito dell’Arcidiocesi di Vienna, sul quale, a firma del direttore del periodico tedesco Vatican Magazine, Guido Horst, ha liquidato le richieste come marginali ed influenzate dal Protestantesimo nordeuropeo. In realtà, almeno nella parte relativa al celibato, l’appello era suscettibile di una interpretazione più che ortodossa e in linea di principio anche condivisibile. Nessuna censura arrivò da Roma se non un richiamo indiretto di Benedetto XVI ai vescovi tedeschi, troppo ondivaghi, ma non ai firmatari. Questo appello, formulato approfittando della crisi di immagine della Chiesa, si riallacciava a quello del 1989 di Colonia e quindi, indirettamente, a We Are Church. Nello stesso anno Manfred Hauke, docente di Teologia Dogmatica a Lugano, prese posizione su tutte queste controversie, stigmatizzando il fatto che le rivendicazioni scaturissero da un’etica soggettivista e non oggettivista. Il Papa non censurò Chiesa 2011, per non radicalizzare lo scontro con la Chiesa tedesca.

Nel 2012, come in seguito, emergerà dal sito di Wikileaks nell’ottobre 2016 uno scambio di mail che coinvolgevano i vertici di think tank USA democratici e i principali responsabili della campagna elettorale di Hillary Clinton. Al centro della vicenda ci furono i nomi di John Podesta, cattolico liberal, democratico, già stretto collaboratore di Bill Clinton e poi responsabile della campagna elettorale di Hillary; di  Jennifer Palmieri, cattolica progressista, direttrice della campagna di comunicazione della Clinton; di Sandy Newman, amico di Barack Obama ed esponente di Voices for progress; di John Halpin del Center for American Progress. Nei messaggi di posta elettronica, i cattolici fedeli al magistero erano ridicolizzati per essere arretrati e responsabili di un imbastardimento della fede; i vescovi tacciati di essere dittatori medievali. Nella mail dell’11 febbraio 2012 Sandy Newman, attivista progressista non cattolico, scrisse a Podesta chiedendo suggerimenti per “piantare i semi di una rivoluzione”, per una “primavera” nella Chiesa Cattolica, così da far cambiare idea ai vescovi USA su contraccezione, aborto e uguaglianza di genere. Podesta rispose che per fare una rivoluzione si doveva lavorare dall’interno, dal basso verso l’alto. E che per questo i Democratici avevano creato i Catholics in Alliance for the Common Good, finanziati da Soros, mentre nella stessa direzione lavoravano Catholics United. I protagonisti della vicenda si definivano cattolici liberal  e difendevano le loro posizioni progressiste su divorzio, matrimonio gay, contraccezione e aborto, giudicandole le più diffuse nella base della Chiesa americana, ma a torto.  Non si  consideravano infatti i praticanti, ma solo i battezzati.

Il 7, il 12 e il 20 marzo i progressisti ebbero un inaspettato appoggio dalla rete degli hacker di Anonymous, che attaccò due volte il sito del Vaticano e la terza contestò coi mezzi suoi propri la visita papale in Messico. Gli argomenti adoperati erano di una rozzezza e di una volgarità uniche, ma assai comuni ai piani bassi del dissenso e dell’anticlericalismo rozzo. Anonymous era ed è legata a filo doppio alla CIA.

Il 27 marzo 2012, in pieno Vatileaks, il teologo Antonio Livi attaccò a testa bassa i teologi Enzo Bianchi, Vito Mancuso e Piero Coda, accanendosi specialmente contro quest’ultimo, reo di leggere il Vangelo alla luce della situazione contemporanea e non il contrario. In quell’anno il Papa, che non prese posizione su questa disputa e che non aveva lesinato forme di apprezzamento al Priore di Bose, incamerò l’appoggio alla sua linea pastorale dall’adunanza mondiale del Rinnovamento nello Spirito Santo, tenutasi il 26 maggio, e dall’Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano, dal 1 al 3 giugno.

Nello stesso anno la Leadership Conference of Women Religious, negli USA, venne commissariata dalla Congregazione della Dottrina della Fede, che inviò come Visitatore Apostolico l’arcivescovo Peter Sartain. L’associazione aveva infatti preso pubblicamente posizioni contrarie al sacerdozio maschile e alla bioetica cattolica. Nello stesso anno, Tim Gill, miliardario legato alla lobby LGBTIQ, concesse un generosissimo finanziamento a Catholic United.

L’11 luglio 2012, durante un incontro organizzato a Londra dalla Fondazione Bill & Melinda Gates, dalle Nazioni Unite e dal Governo britannico di David Cameron, la moglie del fondatore di Microsoft  annunziò che nei successivi otto anni avrebbe speso 450 milioni di euro per ricercare nuove tecniche di controllo delle nascite, migliorare l’informazione sulla contraccezione e rendere disponibili servizi e strumenti nei Paesi più poveri del pianeta, Africa in testa. In un’intervista alla CNN, Melinda Gates precisò che per lei, cattolica, dare alle donne un migliore accesso alla contraccezione era un impegno a tempo pieno. E al Guardian dichiarò il suo presunto travaglio come credente, consapevole che i 450 milioni di euro rappresentano una sfida alla gerarchia ecclesiastica. Di lì a poco, il 28 luglio, venne una recisa risposta della Santa Sede, a firma di Giulia Galeotti sull’Osservatore Romano, che bollava come stereotipe e dozzinali le convinzioni della Gates. Essa ribadiva la liceità e la validità del Metodo Billings, considerato sicuro al 98 per cento anche dalla Cina Popolare. Denunziava poi il boicottaggio dello stesso metodo perché del tutto gratuito e quindi sgradito alle industrie farmaceutiche, considerate le vere beneficiarie della filantropia di Melinda Gates. La risposta papale sottolineava con sarcasmo il caso della presunta filantropia della Nestlé (nella cui Società Anonima sedevano certamente anche i Gates), che aveva fornito alle donne africane latte in polvere per i loro neonati, in confezioni omaggio che duravano il tempo necessario per far andare via alla neo mamma il latte naturale. A quel punto, le madri erano state obbligate all’acquisto, attraverso campagne pubblicitarie che presentavano l’allattamento al seno come barbaro e quello artificiale come moderno e civile; ma grazie anche a pressioni psicologiche di vario tipo a opera di fantomatici medici e infermieri. In ogni caso, erano morti più di un milione di bambini, tanto che persino l’UNICEF aveva denunziato l’accaduto.

Il contrasto tra la Santa Sede e la Bill and Melinda Gates Foundation aveva sullo sfondo questioni ancora più gravi. La Fondazione aveva finanziato varie organizzazioni abortiste, incluse varie affiliate di Planned Parenthood in tutto il mondo e della Marie Stopes International, e aveva stretto una collaborazione con il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNPFA), che aveva a sua volta fornito sostegno alla politica del figlio unico in Cina, dove i secondogeniti venivano addirittura uccisi dagli ispettori del PCC. Era altresì noto l’impegno profuso dalla Fondazione nella lotta all’AIDS, ma solo mediante la diffusione di contraccettivi, ma anche per la “Gender equality” e altre discusse politiche sanitarie. Appariva evidente che Bill Gates e sua moglie, in virtù del potere legato al loro immenso patrimonio, riuscivano a determinare le sorti di una fetta considerevole della popolazione mondiale, nonché a influenzare l’opinione socio-culturale globale, entrando in contrasto concorrenziale con la Chiesa Cattolica, specie in quei Paesi dove il senso religioso è ancora vivo. La questione mostrava plasticamente che la Santa Sede aveva contro sia l’alta finanza globalista, sia l’anglosfera tutta intera, in quanto dietro le scelte del Governo britannico si intravedeva il Royal Institute of International Affairs, (RIIA), il CFR inglese, ad esso strettamente congiunto.

VI

L’11 febbraio 2013 Benedetto XVI abdicò, con decorrenza dal 28 del mese. Nessuno Stato occidentale lo aveva aiutato a fronteggiare il Vatileaks. Il 13 marzo venne eletto Francesco, come candidato innovatore del Gruppo di San Gallo, dei diplomatici e dei seguaci del Cardinal Bertone. Non esprimendo nessuno dei gruppi che lo supportavano per sbarrare la strada all’arcivescovo di Milano Angelo Scola, Jeorge Mario Bergoglio dava senz’altro garanzie di una certa indipendenza, tanto più che era il candidato sconfitto nel 2005 e, per la sua età, lasciava ipotizzare un Papato non molto lungo. Il cambiamento di Pontefice avvenne in uno strano clima: all’abdicatario vennero riservati tutti gli onori ma, al momento dell’insediamento del neo eletto, esplose una potenza di fuoco inaspettata del fronte progressista, improvvisamente allargatosi ad una pletora di opportunisti, capace di saturare ogni spazio mediatico, con slogan, manifesti e ogni altra forma di comunicazione atta a lasciare intendere che nella Chiesa fosse avvenuta o stesse avvenendo una sorta di rivoluzione. Una simile narrazione risultava condizionante anche per il nuovo Papa, che da nocchiero della barca di Pietro sembrava esserne diventato passeggero. Per anni ogni intervento, vero o presunto, del Papa Emerito fu insolentito da tante mezze figure e il mainstream cancellò dalla memoria collettiva l’opera moralizzatrice di Ratzinger contro i pedofili e i corrotti, addirittura cercando di riprogrammarla facendo di lui un omertoso o un complice dei loro delitti. Papa Francesco prese alcune volte l’iniziativa di difenderne l’operato, ma le sue parole vennero sistematicamente bypassate dai media mainstream.

Dal canto suo il nuovo Papa fu sempre perseguitato dall’accusa di elezione illegittima, partendo dal presupposto dell’abdicazione estorta a Benedetto XVI. Nonostante la cosa fosse del tutto infondata e smentita dallo stesso Ratzinger, nonostante i media di mainstream tentassero di ignorarla o di usarla contro i sedicenti cattolici tradizionalisti, la voce girò a lungo e ancora gira, fortunatamente con minore insistenza, e sembra parte di un unico disegno per la delegittimazione sistemica del Papato, altra faccia di una medesima medaglia, catena con cui Benedetto e Francesco furono inestricabilmente legati.

Altro leit motif del Pontificato bergogliano è la costante anarchia disciplinare, data dalla coesistenza, dapprima molto più sotto traccia ma già ampiamente esistente, tra preti di assai diversa tendenza nella trattazione delle materie sensibili. Abbiamo così ultraprogressisti, ultraconservatori, moderati con varie sfumature e una palude di indecisi e opportunisti che va a traino senza molta convinzione.

Francesco, dando poi corso ad accordi intercorsi nel pre-Conclave, nel settembre del 2013 istituì un Consiglio di Cardinali per affiancarlo nella riforma della Curia. Vi entrarono Oscar Rodriguez Maradiaga, Giuseppe Bertello, Oswald Gracias, Sean Patrick O’Malley, Fridolin Ambongo Besungo, il vescovo Marco Mellino e, in seguito, il Segretario di Stato Pietro Parolin. Si trattava di porporati quasi tutti progressisti, anche se di diversa intensità, e grandi elettori del Papa, escluso Parolin, creato Cardinale da Francesco stesso.

Nel concistoro del 19 novembre 2013, Papa Francesco fece Cardinali ben tre Vescovi americani, ma non il conservatore Charles Chaput. Tra i porporati ci furono Blase Cupich, arcivescovo di Chicago – che in passato aveva scoraggiato clero e fedeli a recitare il Rosario davanti alle cliniche abortiste – e Joseph Tobin, arcivescovo di Indianapolis, rispedito in patria nello stesso 2012 dopo che nella Curia Romana aveva appoggiato il fronte delle suore ribelli della Leadership Conference of Women Religious. I liberal sembrava potessero brindare per la vittoria in questa partita. Lessero le ultime nomine pontificie come un chiaro segnale all’episcopato Usa perché cambiasse rotta.

Nel 2014 Marta Heizer e suo marito Hans Peter Hurka furono scomunicati da Papa Francesco per la celebrazione abusiva della Santa Messa. Francesco poneva così un argine a qualsiasi riformismo, che non doveva tralignare nella dogmatica.

Soros nell’aprile 2015, come sappiamo da un altro gruppo di documenti di Wikileaks, donò 650000 dollari per la visita del settembre di quell’anno di Papa Francesco negli USA. Tra i beneficiari, anche il People Improving Communities Through Organising (PICO), di cui era sostenitore il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, uno degli uomini più vicini al Pontefice e suo grande elettore. Ne fu beneficiaria anche la Faith in Public Life (FPL). Entrambe le organizzazioni sedicenti cattoliche erano impegnatissime per l’aborto, l’eutanasia e simili pratiche condannate dalla Chiesa.

Il PICO fu scelto perché era stato fondato nel 1972 dal padre gesuita John Baumann e si proponeva di affrontare i problemi sociali attraverso l’organizzazione di cellule fondate sulle comunità delle varie religioni presenti, come le Comunità di Base di sudamericana memoria. Proprio per questo il PICO si era guadagnato il supporto del cardinale Maradiaga Ma tale organizzazione era anche ispirata dal  comunista Saul Alinski, conosciuto come grande esperto dell’organizzazione delle comunità di base e delle minoranze etniche. Del resto nell’elenco dei finanziatori del PICO c’erano anche le Fondazioni Ford e Kellogg in aggiunta a un’altra decina di altre Fondazioni dalla forte identità liberal. Alinski era anche all’origine della carriera politica di Hillary Clinton, per cui il PICO si impegnò a suo favore nella campagna elettorale per le presidenziali.

Lo scopo dei finanziamenti alla Chiesa e alle iniziative papali era influenzare e favorire la creazione di un fronte di vescovi che si dissocino dal cultural warrior dell’episcopato statunitense e che fossero più in sintonia con Papa Bergoglio sui temi della giustizia economica e l’uguaglianza, arrivando ad influenzare lo stesso Pontefice, coinvolgendolo attraverso il Cardinal Maradiaga e arrivando così ad emarginare la parte della gerarchia americana più conservatrice, come l’ancora molto influente Charles Chaput. L’operazione su Maradiaga era iniziata  dal maggio del 2015.

L’altra organizzazione finanziata da Soros di cui abbiamo detto, ossia Faith in Public Life, tra i suoi successi del 2015 – oltre al suo contributo alla preparazione della visita del Papa, con un sondaggio manipolatorio sui cattolici americani teso a supportare l’agenda liberal – citò anche la mobilitazione per bloccare la legge sulla libertà religiosa della Georgia, finalizzata tra l’altro a garantire l’obiezione di coscienza contro l’imposizione delle teorie di genere e delle nozze gay.

Fu poi Elizabeth Yore, che lavorò allo Heartland Institute Delegation presso il Vaticano nell’aprile 2015, cercando di convincere il Papa a non legarsi a coloro che, in nome del cambiamento climatico, volevano promuovere, nelle Nazioni Unite, politiche di controllo della natalità, a rivelare che per i mondialisti e i Dem “Catholics serve as a huge and influential voting block in the U.S. election…using the head of the Catholic Church to influence this key voting block.. to ensure Hilary Clinton’s election…This is not the first time that the unholy alliance of Soros and the Vatican successfully collaborated on a political project…The Soros operatives, embedded in the Vatican, directed Pope Francis’ Environmental Agenda, by delivering for Soros and the UN, an Apostolic Exhortation on Climate Change, and a prized papal endorsement of the UN Sustainable Development Goals and the Pope’s apostolic blessing on the Paris Climate Treaty.”

Il 24 maggio 2016 uscì la Lettera Enciclica Laudato Si’, sulla questione ambientale, nella cui stesura ebbe una certa importanza Jeffrey Sachs, economista dell’ONU, direttore dell’Earth Institute, da diversi decenni impegnato nella concezione e diffusione di teorie economiche a sostegno dell’Open Society di Soros, di cui è sia concittadino che connazionale. Egli fu anche chiamato dal Vaticano sia per le presentazioni dell’enciclica sull’ambiente sia per i convegni internazionali sullo sviluppo sostenibile. La sua presenza fu contestata nei mesi precedenti dalle principali organizzazioni pro-life e pro-family internazionali perché Sachs era ben noto come grande sostenitore delle politiche di controllo delle nascite, ma fu difeso a spada tratta dal presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, il vescovo argentino Marcelo Sanchez Sorondo, che ne sponsorizzò anche la nomina da parte di Papa Francesco nella Pontificia Accademia da lui presieduta. Il dato politico sotteso è evidente: Bergoglio non solo continuava la teologia ecologica di Wojtyła e di Ratzinger, ma era spinto con forza ad adeguarla ai parametri massimalisti imposti dalla finanza globalista. Era uno dei pedaggi da pagare per liberare la Chiesa dalla fortissima pressione degli ultimi anni. Un po’ come quando Clemente V (1305-1314), per evitare il processo postumo a Bonifacio VIII (1294-1303) da parte di Filippo il Bello, dovette accettare che iniziasse quello contro i Templari.

Sempre nel 2016, nell’ambito del Wikileaks, emerse il caso che abbiamo anticipato, quello delle mail sul cambiamento interno della Chiesa nell’entourage della Clinton. Esso fece infuriare alcuni vescovi USA che chiesero alla Clinton di dissociarsi. Furono Charles Chaput, arcivescovo di Philadelphia, e l’arcivescovo Joseph Kurtz di Louisville, nel Kentucky, Presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti. Essi denunziarono che “alcuni possono avere cercato di interferire nella vita interna della Chiesa per un guadagno politico a breve termine. Se fosse vero, questo è preoccupante sia per il benessere delle comunità di fede che per il bene del nostro paese”. Anche il cardinale di New York, Timothy Dolan, chiese ufficialmente al candidato democratico di smarcarsi dalle dichiarazioni anticattoliche del suo staff. Ma nell’ultimo confronto tv con Donald Trump la Clinton spostò il discorso sulla pirateria informatica, giocando la carta delle responsabilità russe e senza entrare nel merito dei documenti, non facendo nessun cenno alle email del suo staff sulla destabilizzazione della Chiesa Cattolica.

VII

I risultati del condizionamento della Chiesa Americana tramite una Santa Sede più accondiscendente si sono visti con l’ascesa di Robert McElroy, arcivescovo di San Diego, e di Blase Cupich, arcivescovo di Chicago. Il primo fece fuoco e fiamme alla Conferenza Episcopale per orientare il voto cattolico a sinistra. Il secondo mise alla pari aborto, eutanasia, lotta alla povertà e difesa dell’ambiente. E’ ancora inevitabile l’accostamento tra Francesco e i Papi dell’Antico Regime, solitamente costretti dai Re a nominare Cardinali detti appunto della Corona.

Il 19 marzo 2016, dopo due Sinodi dei Vescovi, uno ordinario e l’altro straordinario, oggetto di svariate discussioni, fu pubblicata l’Esortazione Apostolica post-sinodale Amoris Laetitia, il più controverso dei documenti magisteriali del Papato moderno. Esso autorizzava i divorziati, anche risposati, a valutare la propria responsabilità nelle azioni commesse alla luce di un percorso di discernimento interiore compiuto con un sacerdote. Dava indicazioni per la pastorale delle situazioni familiari irregolari cercando di mostrarne gli aspetti positivi, esprimeva comprensione per l’impossibilità morale e materiale di interrompere nuove convivenze more uxorio da parte dei divorziati stessi. Il tutto introdotto da una dissertazione sulla quasi impossibilità di attribuire la responsabilità morale ai soggetti agenti, anche quando compissero azioni oggettivamente sbagliate. Il documento, sebbene fosse essenzialmente disciplinare, aprì una crisi dottrinale interna alla Chiesa, che si divise tra chi cercò di applicarlo, chi di fatto lo superò con formule ancora più ardite, chi lo ignorò e chi lo contestò apertamente. I cardinali Raymond Burke, Carlo Caffarra, Walter Brandmüller e Joachim Meisner, il 19 settembre dello stesso anno, presentarono al Papa cinque interrogazioni formali sotto forma di Dubia, per sapere se la dottrina della Chiesa in materia di morale fosse ancora valida e soprattutto per costringerlo ad esprimersi sulle questioni di principio. Il Pontefice non ha mai risposto.

Ancora nel 2016 Papa Francesco ricevette Christine Lagarde, presidente del FMI; Tim Cook, amministratore delegato della Apple; Leonardo Di Caprio, presidente di una fondazione contro il riscaldamento globale; Eric Schimdt, presidente di Google e Jared Cohen, capo di Google Ideas, anch’essi ai vertici di una fondazione impegnata sui fronti della povertà, dell’energia e dell’ambiente; Kevin Systrom, fondatore e amministratore delegato di Instagram; Yolanda Kakabadse,  presidente del World Wildlife Fund for Nature; Carlos Slim, magnate messicano delle telecomunicazioni. A far saltare l’udienza a Bill Gates furono alcuni Cardinali africani, che hanno ricordato al Papa che la Bill & Melinda Gates Foundation è attivissima nel promuovere l’aborto nei paesi poveri. Il milieu dei nemici di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI veniva accolto in Vaticano, per la stessa realpolitik per la quale San Vitaliano (656-671) aveva ricevuto Costante II, assassino di San Martino I (649-654), o per cui Paolo VI aveva ricevuto i dittatori comunisti prima ancora che cessassero le persecuzioni religiose.

Sempre nel 2016 un rapporto riservato della Open Society sull’operazione di condizionamento del Papa così acutamente recitava: “The impact of this work and the relationships it has fostered can be seen in the broad range of religious leaders hitting pointedly back at presidential candidates for their use of fearmongering… efficacy of the media campaign can be seen in the team’s ability to react to and counter the anti-gay rhetoric following the Kim Davis story (the Kentucky county clerk who was jailed for defying a federal court order to issue marriage licenses to gay couples whom the Pope visited)…FPL’s media, framing, and public opinion activities, including conducting a poll to demonstrate that Catholic voters are responsive to the Pope’s focus on income inequality, and earning media coverage that drives the message that being ‘pro-family’ requires addressing growing inequality.”

In effetti, nonostante tutti quei successi della sua politica religiosa cesaropapistica, la Clinton perse e i mondialisti si accorsero che non avevano condizionato abbastanza bene i cattolici. Fu infatti a Donald Trump che la parte maggioritaria del mondo cattolico si rivolse, facendolo vincere il 20 gennaio 2017.

Fu così che il 5 febbraio 2017 un gruppo di laici cattolici americani inviò una lettera al Presidente Trump chiedendogli di avviare un’indagine ufficiale sulle attività di George Soros, Barack Obama e Hillary Clinton che forse hanno determinato il cambio di Papato in Vaticano. La lettera si rifà ai documenti che abbiamo citato e pone quesiti specifici anche sul Vatileaks, sulle relazioni tra l’Amministrazione Trump e la Mafia di San Gallo, sulle transazioni inibite allo IOR nell’ultimo periodo del governo di Benedetto XVI e sul monitoraggio della NSA sul Conclave. Chiedeva delucidazioni anche sull’incontro tra Ratzinger e il vice-presidente Joe Biden il 3 giugno 2011. Essa non ebbe alcun seguito, nonostante i pessimi rapporti tra il Papa Francesco e il Presidente Trump. Né il Vaticano chiese delucidazioni in merito. Evidentemente la Santa Sede temeva rivelazioni che potevano essere strumentalizzate e la Casa Bianca non voleva perdere uno strumento di pressione sul Papato. Di fatto, era avvenuta una inframmettenza secolare sul Papato come non si aveva dai tempi di Filippo il Bello e, nel caso di una donna di potere come la Clinton, da quelli di Teodora e Marozia coi Papi della prima metà del X sec. o da quelli ancora più remoti dell’imperatrice Teodora e dei papi San Silverio (536-537) e Vigilio (537-555). Tutti casi, si badi, che non inficiavano la legittimità delle elezioni papali conseguenti.

L’11 agosto 2017 a Papa Francesco fu rivolta una Correctio filialis, sottoscritta da svariati studiosi e personalità di spicco della Chiesa, che lo accusò di eresia e lo invitò a correggere il suo magistero di Amoris Laetitia, cosa che non accadeva ad un Papa dai tempi di Giovanni XXII (1316-1334). A queste accuse nessuna autorità ecclesiastica diede corso ma la Correctio non fu nemmeno censurata. Segno della consapevolezza di Francesco di regnare su una Chiesa divisa. Il Papa, nel libro Ritorniamo a sognare del 2020, si sarebbe difeso dalle accuse di aver sovvertito la dottrina sacramentale sul Matrimonio indissolubile facendo esplicita professione di fede in esso. Francesco avrebbe ricevuto altre due contestazioni esplicite di eresia, sottoscritte da numerose personalità del laicato, raggiungendo il non invidiabile primato di essere il Papa più contestato dottrinalmente nella storia. Puntualizzando che si tratta di contestazioni molto discutibili, citerò in seguito quelle che ci interessano.

Nel 2018 il Pontefice inviò un messaggio al WEF di Davos nella persona del suo presidente Klaus Schwab. Declinato l’invito a recarvisi di persona, Francesco l’anno precedente vi aveva inviato il Segretario di Stato Pietro Parolin. Il WEF è una emanazione del CFR americano e il Papato cercava in questo modo di accreditare un contatto diretto coi vertici del pianeta, sempre ostili e guardinghi. Ma non si può dire che il magistero di Francesco sia un avallo delle politiche del WEF. In realtà Vaticano e Davos cercavano una convergenza pratica, una relazione utile, senza che nessuno dei due modificasse la sostanza delle proprie posizioni. Ancora una volta, una scelta di realpolitik per la parte più debole, ossia la Chiesa.

Nel maggio 2019 una seconda petizione rivolta al Papa lo invitava a correggere il suo magistero su matrimonio e famiglia, accusandolo di svariate eresie. Anch’essa ebbe importanti sottoscrittori, fu ignorata dalla Chiesa ma non fu censurata, a dimostrazione del fatto che il Papa non si sentiva abbastanza forte per farlo.

Nel medesimo anno, a giugno, la Congregazione per i Seminari e gli Istituti di Studi emanò un documento contenente morbide ma precise posizioni contrarie alle teorie di genere. L’odiata Presidenza Trump permetteva, di fatto, al Papa di prendere una posizione più libera su questo controverso tema, sul quale era condizionato tanto dal di fuori che dal di dentro della Chiesa.

VIII

Sempre nello stesso anno, a ottobre, si tenne a Roma il Sinodo straordinario dei Vescovi sull’Amazzonia, che si agganciava a temi di tutela ambientale filtrati da una sensibilità pauperistica legata alla Teologia della Liberazione e avrebbe dovuto essere l’occasione per l’apertura alle ordinazioni sacerdotali dei viri probati. Ma, a parte svariate polemiche meramente religiose sull’inculturazione promossa nel Sinodo, la cosa che destò meraviglia fu che la Fondazione Ford, da sempre in prima linea nel finanziare progetti abortisti, di controllo delle nascite e di promozione dell’agenda LGBT, aveva sovvenzionato il Consiglio Missionario per i Popoli Indigeni, il Coordinamento per le Organizzazioni dei Popoli Indigeni del Bacino Amazzonico e il Coordinamento delle Organizzazioni Indigene dell’Amazzonia Brasiliana, organismi della Conferenza Episcopale Brasiliana, tutti presenti nella Rete Panamazzonica REPAM, punto di riferimento per l’organizzazione dell’assemblea. Sebbene l’Episcopato brasiliano puntualizzasse che i fondi erano stati ricevuti regolarmente e che erano stati usati solo per progetti compatibili con la morale cristiana, l’ombra di una convergenza tra Vescovi progressisti e mondialisti di sinistra americani rimase, tanto più che la Fondazione Ford, dal 1982 al 2014, aveva generosamente sovvenzionato i Catholics for Choice, specie nelle loro attività volte a diffondere l’aborto in America Latina.

Al termine del Sinodo, inoltre, 150 Padri Sinodali rinnovarono il cosiddetto Patto delle Catacombe, ossia il programma, siglato alla fine del Concilio Vaticano II da 42 presuli latinoamericani, di socializzazione del Cristianesimo. Tale programma era stato ripreso dalla Conferenza di Medellin ma, censurato da Giovanni Paolo II nell’Assemblea Generale delle Conferenze Episcopali Latino Americane di Puebla nel 1979 e coinvolto nelle successive condanne della Teologia della Liberazione, era stato accantonato nell’Assemblea delle stesse Conferenze tenutasi ad Aparecida nel 2007, anche grazie al decisivo contributo del Cardinale Jeorge Mario Bergoglio, che così veniva smentito.

Sia il caso della Fondazione Ford che quello del Nuovo Patto delle Catacombe dava l’idea di un Papa il cui percorso era condizionato prima ancora che egli lo percorresse e che non aveva la possibilità di controllare il movimento riformista del quale si era messo a capo.

Nello stesso anno 2019 Melinda Gates pubblicò The Moment of Lift – How Empowering Women Changes the World, nel quale prese posizione a favore del sacerdozio femminile e della contraccezione artificiale. Ancora una volta la finanza mondialista tentava di condizionare le scelte etiche della Chiesa, minacciandola questa volta dogmaticamente.

A fare eco alla finta filantropa si trovò la Chiesa tedesca, che iniziò il suo cammino sinodale, con il chiaro intento di modificare la dottrina sul matrimonio eterosessuale, sulla sua indissolubilità, sui rapporti sessuali extramatrimoniali, sulla contraccezione artificiale e sul sacerdozio maschile, oltre  che la disciplina sul celibato del clero. Il Cattolicesimo tedesco, ostilissimo a Benedetto e ora deluso da Bergoglio, retto da uno dei suoi grandi elettori, il cardinale Reinhard Marx, era arrivato alla piena compenetrazione con le istanze ereticali che abbiamo visto e che nessun  Pontefice, per salvaguardare l’unità ecclesiale, aveva condannato. Papa Francesco prese la penna e scrisse ai tedeschi una Lettera in cui li invitava a compiere il proprio percorso riformatore nell’alveo della Chiesa Cattolica. Sul tema della riforma si scontravano oramai due visioni: quella del Papa, legata alla “liberalizzazione” del foro di coscienza e quindi alla modifica solo disciplinare, e quella neomodernista, volta a modifiche sostanziali del dettato dottrinale e canonico.

Nel 2020 si consumò l’unico vero scontro tra Papa Francesco e il Papa Emerito Benedetto XVI. Questi infatti, nel mese di gennaio, diede alle stampe, col Cardinale Robert Sarah, un libro sul clero che, di fatto, sembrava tagliar le gambe a qualsiasi possibilità, per Papa Bergoglio, di dare regole sull’ordinazione di uomini sposati nella sua Esortazione Apostolica post-sinodale Querida Amazzonia, pubblicata nel febbraio. In realtà, la pubblicazione del libro prevenne quella dell’Esortazione solo perché quest’ultima era slittata. Il Papa regnante, comprensibilmente, si risentì col Prefetto della Casa Pontificia e Segretario del Papa Emerito, Georg Gänswein, e lo esautorò di fatto, ma non aveva intenzione di fare alcuna riforma sulla disciplina del clero. Il che significa che o il Papa sapeva che non sarebbe stata accettata. L’Esortazione Apostolica conteneva anche una generica apertura per ministeri ecclesiali da demandare anche alle donne, purché completamente distinti dal Sacerdozio ordinato. Dopo un lungo dibattere, Papa Francesco aveva conservato l’integrità del dogma del Sacerdozio maschile, resistendo ai Gates e ai progressisti.

Nel 2021 divenne Presidente degli USA Joe Biden, cattolico progressista, abortista e lobbista LGBT, già membro del CFR. Suo Segretario di Stato fu Anthony Blinken, anch’egli con un seggio al CFR. Degno di nota, sotto la sua Presidenza, è il rifiuto di molti Vescovi americani di dare a lui e ad altri politici cattolici abortisti la Comunione, tema sul quale il Papa ha tenuto un atteggiamento più possibilista, come tanti suoi predecessori quando si relazionavano con Imperatori ostili. In questo vi è tutto il senso religioso della lunga controversia politicizzata di cui parliamo. I Vescovi americani sono come gli antichi monaci bizantini, sono gli Studiti del XXI sec. Il Papa invece si attiene al principio dell’oikonomia, che però dimostra la sua debolezza politica, la sua posizione subordinata.

IX

Tra il 2021 e il 2022 Francesco dovette gestire la grana del Sinodo tedesco, che non voleva sconfessare in anticipo ma che continuava a muoversi su una strada tutta sua. Se l’ambizione dell’alto clero tedesco e la timidezza di Roma escluse il rischio di uno scisma, l’attuazione del progetto rischia l’infezione ereticale a tutta la Chiesa, che non l’accetterebbe. A tale scopo  il Papa rifiutò le dimissioni del cardinale Marx dalla Presidenza della Conferenza Episcopale Tedesca – legate alla gestione degli abusi e ritenute immotivate – convocò i vertici della Chiesa germanica a Roma e differì il Sinodo dei Vescovi al 2023, per dibattere in esso alcune istanze di fondo del programma dell’assemblea tedesca e, quindi, depotenziarle. Una tattica dilatoria che non sappiamo che successo avrà ma che tradisce il timore di una lacerazione del tessuto ecclesiale. Di certo una chiarificazione sarà inevitabile.

Il 31 dicembre 2022 morì Joseph Ratzinger, il quale lasciò scritto nelle sue ultime volontà di non volere il Presidente USA al suo funerale. Si sta scrivendo in questi giorni che sia dovuto al fatto che Biden è abortista, ma la ragione sta a mio avviso in quel colloquio segreto avuto da Benedetto XVI e Biden, allora vice presidente di Obama, il 3 giugno 2011. Tutto mi induce a credere che in quei frangenti al Papa sia stato offerto il sostegno degli USA da Biden nella tempesta del Vatileaks, ma in cambio aperture dottrinali e disciplinari, a cui Ratzinger rispose un secco no. Era la stessa situazione in cui si era trovato Giovanni Paolo II dopo il Crack dell’Ambrosiano, quando aveva chiesto aiuti per risanare le finanze vaticane a Germania e USA, che glieli subordinarono ad aperture bioetiche e verso il Comunismo, alle quali il Papa oppose un netto rifiuto Per cui Benedetto XVI sapeva che dietro la tempesta che gli si era abbattuta addosso c’era la mano degli USA e ha voluto farlo capire al mondo da morto, quando non avrebbe messo più in imbarazzo Papa Francesco.

X

Possiamo, al termine di questa lunga esposizione, trarre alcune conclusioni. Il triforme progressismo cattolico – anglosassone, latinoamericano, germanofono – è senz’altro assai variegato al suo interno ma le sue parti sono in correlazione. Esso pone istanze in parte sbagliate e in parte esatte, ma che corrispondono ad esigenze reali, che Papa Ratzinger non ha voluto affrontare e che Papa Bergoglio non ha saputo soddisfare pienamente. Proprio sul crinale della necessità di conservare la retta fede e corrispondere alle esigenze pastorali di una parte del mondo moderno si è innestata l’inframmettenza del potere secolare mondialista americano che, strumentalizzando o mistificando i problemi, ha tentato, come tanti poteri del passato, di asservire la Chiesa, non dominandola, bensì indebolendola sistemicamente, creando i presupposti per una sua lacerazione verticale a partire da una morte prematura o da una abdicazione, già meditata e così anticipata, per difficoltà insormontabili di Papa Benedetto XVI, a cui logicamente sarebbe subentrato un Pontefice più incline al compromesso. L’intervento è simile a quello che gli USA hanno compiuto in ogni Rivoluzione Colorata e ha il medesimo scopo: suscitare endemiche lotte intestine al corpo sociale in cui si compie, per convogliare in esse il meglio delle sue stesse forse, in una dinamica autodistruttiva. Il movente è la volontà di contenere la crescita demografica della popolazione mondiale, onde non redistribuire la ricchezza a discapito dell’oligarchia finanziaria occidentale che ne detiene quasi la totalità e quindi di usare l’influenza della Chiesa a tale scopo o almeno impedirle di utilizzarla contro di essa. La circostanza favorevole in cui realizzare l’intervento è stata l’azione riformatrice del Papato di Benedetto XVI, che ha suscitato molte resistenze, accompagnandosi a lotte di potere interne alla Chiesa. Un motivo ulteriore di intervento è stato il timore dei Democratici americani di rimanere a lungo esclusi dal potere per il ruolo determinante dell’elettorato cattolico conservatore. Ad oggi, l’obiettivo principale, ossia gettare la Chiesa nel caos, sembra essere stato raggiunto e questa inchiesta pare aver completato il quadro della lotta oscura combattuta contro Benedetto XVI negli ultimi anni del suo Papato. Resta da capire se la cultura esoterica di parte del mondialismo anglosassone abbia avuto una parte decisiva o solo accessoria in questo contrasto. Resta da vedere se Francesco, rimasto completamente solo al vertice, saprà riposizionarsi al centro della Chiesa, raccogliendo l’eredità teologica di Benedetto XVI, mettendola al servizio del suo progetto riformatore moderato e isolando le estreme. L’alternativa, già balenata sulla stampa mainstream, potrebbe essere una sua drammatica abdicazione che porterebbe ad uno scisma autentico nella Chiesa, temuto dalla fine del Concilio Vaticano II e che ridurrebbe quasi completamente l’influenza del Cattolicesimo in Occidente. Sempre che Francesconon esca di scena in una maniera ancora più eclatante, qualora decida di resistere.

(Foto di Daniele Di Vincenzo, Terminillo 2019)

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