Il coraggio del Prof. Drummond

di Luigi Finocchietti

Il Rev. Prof. Henry Drummond (1851 –1897) è stato un naturalista scozzese e pastore protestante. Nel 1877 divenne docente di scienze naturali presso il Free Church College di Glasgow, attività che egli affiancò con viaggi sia di studio sia missionari in patria e in Africa. Si distinse per lo spessore delle sue pubblicazioni, tra le quali ricordiamo Natural Law in the Spiritual World, opera del 1883 che vendette circa 70.000 copie solo nei primi cinque anni e che subito gli diede una certa notorietà. Le sue opere furono caratterizzate dall’intento scientifico e teologico di conciliare le teorie evoluzioniste con il Cristianesimo. Questo filone di studi gli procurò molte critiche ma anche molta riconoscenza da parte di quanti, tra colleghi e studenti, vivevano in quegli anni uno stridente contrasto tra la fede ricevuta dall’educazione familiare e le principali teorie che circolavano nell’ambito delle scienze naturali.La testimonianza in ambito accademicoIl suo interesse per la spiritualità e la necessità di dimostrare con i suoi studi l’importanza della vita spirituale al di sopra di quella naturale, il suo carisma, la credibilità scientifica e un’eloquenza non comune lo portarono a condividere questi valori con gli ambienti studenteschi in quel periodo immersi negli scritti di Darwin e nelle teorie legate alla temperie culturale positivista, che avevano contribuito a creare una grande crisi di fede, soprattutto tra i giovani. La fama della sua eloquenza lo portò ben presto a varcare il confine nazionale e continentale, e così dal 1884 al 1895 fu protagonista di molti incontri pubblici in atenei dell’Europa, degli Stati Uniti e dell’Australia.

Henry Drummond non sentiva la vocazione a esercitare la sua funzione pastorale nell’ambito di una parrocchia, ma in quell’ambito scientifico a cui tante energie aveva dedicato a partire già dalla prima giovinezza. Al centro della sua predicazione e del suo attivismo vi erano senza dubbio la pubblica professione di fede cristiana e l’invito alla conversione. Questo suo grande carisma della testimonianza attraverso lo studio e la comunicazione, soprattutto rivolta agli studenti, andò di pari passo (come traspare dalle biografie) con un’attenzione costante per le difficoltà economiche e materiali delle classi sociali più povere sviluppatesi nei sobborghi delle città industrializzate della Scozia, sua regione di provenienza.

La cosa più grande del mondo

In occasione del suo primo viaggio accademico negli Stati Uniti, nell’estate del 1887, accettò di andare a fare delle conferenze a Northfield nel Massachusetts sul tema ‘Natura e Religione’, presso una scuola estiva alla quale accorrevano molti uomini e donne studenti provenienti da vari collegi universitari e riuniti in associazioni cristiane. Molti di loro ebbero modo di rivederlo successivamente durante le sue conferenze e lezioni in molte università con le quali, nel frattempo, aveva preso contatti (tra cui Yale e Berkeley). Nell’ambiente universitario americano il Prof. Drummond s’impegnò per qualche tempo a esportare la formula dei movimenti religiosi che aveva avviato nei collegi della sua terra, soprattutto perché ravvisava in questi ambienti ‘molta meno antipatia per il Cristianesimo’, per usare le sue stesse parole (lettera da Yale datata 30 settembre 1887). In America come in Scozia, infatti, molte sono state le testimonianze di studenti che dichiararono di aver cambiato in meglio la propria vita dopo averlo ascoltato e soprattutto dopo aver intrattenuto con lui lunghi dialoghi privati.

E fu proprio in occasione della sua visita a Northfield che pronunciò un discorso la cui risonanza fu vasta già all’epoca dei fatti, e la cui pubblicazione ancora oggi maggiormente ricordiamo, a differenza di quanto avvenuto per molti dei suoi scritti scientifici. Si tratta del libro, pubblicato nel 1890, dal titolo La cosa più grande del mondo (The Greatest Thing in the World).

La conferenza prese spunto ed ebbe inizio dalla lettura del Capitolo XIII° della Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi, testo sul quale Drummond aveva già scritto una meditazione qualche anno prima.

Molti ritengono che la cosa più grande in campo religioso sia la fede. Per essi questa grande parola è la nota dominante della religione. Io vi ho condotti, invece, nel capitolo che ho letto or ora, alla sorgente della cristianità: abbiamo visto che «di tutte più grande è la carità».

(“La cosa più grande del mondo”, trad. ital. di Elena Benazzo Boesch, 1956)

La Carità confrontata

Dopo l’esordio l’autore, partendo da Paolo, introduce questo suo elogio ragionato e ispirato della Carità attraverso il confronto con altri comportamenti virtuosi e doni dello Spirito, quali come abbiamo visto la fede, l’eloquenza e la beneficienza, ma le parole più belle Drummond le riserva al sacrificio e al martirio:

E qui mi rivolgo al piccolo gruppo di futuri missionari – vorrei chiamare alcuni di voi con questo appellativo per la prima volta – (…) Non potete portare al mondo pagano niente di più grande dell’impronta e del riflesso della Carità divina sul vostro carattere. Quello è il linguaggio universale. Vi occorreranno anni per parlare il cinese o i dialetti dell’India. Dal giorno in cui sbarcherete, quel linguaggio della Carità, capito da tutti, spanderà inconsapevolmente il fiume della sua eloquenza. Missionario è l’uomo, prima ancora di ciò che dice. Il suo carattere è il suo messaggio. (…) Portate nel nuovo campo di lavoro, dove intendete fissare la vostra esistenza, quel fascino semplice e la vostra missione sarà un successo.

La Carità analizzata

In un secondo momento il prof. Drummond si sofferma ad analizzare, nel testo del suo discorso, tutte le virtù che compongono la Carità, tante piccole cose quotidiane che possono essere messe in pratica da qualsiasi individuo. I nove elementi che compongono la Carità sono:

Pazienza, benignità, generosità, umiltà, rispetto, altruismo, dolcezza, magnanimità, sincerità: costituiscono il dono supremo, la statura dell’uomo perfetto. Notare che sono tutte in rapporto con l’uomo, in rapporto con la vita, in rapporto con l’oggi che ben conosciamo e col domani che ci aspetta e non con la misteriosa eternità. Taluni parlano solo dell’amore verso Dio; ma Cristo parlò pure molto della carità verso il prossimo. La religione non è una cosa astratta o una sovrastruttura, ma è l’ispirazione della vita secolare, il respiro dello spirito eterno attraverso il mondo temporale.

Pazienza

(…) La Carità soffre ogni cosa, sopporta ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa (…).

Benignità

(…) Avete mai notato quanta parte della sua vita Cristo ha trascorsa facendo cose buone, semplicemente facendo cose buone? (…) Date a piene mani, ai poveri, cosa molto facile, ma anche ai ricchi, che spesso ne hanno ancora più bisogno; e ancor più ai vostri pari, cosa difficilissima, e per i quali ciascuno di noi fa forse meno che per qualsiasi altro. C’è una differenza tra il cercare di far piacere e rendere felici. Rendete felici! (…)

Generosità

(…) Qualunque opera buona intraprendiate troverete sempre chi fa la stessa cosa e probabilmente meglio di voi. Non siate invidiosi. (…)

Umiltà

E poi, dopo aver imparato tutto questo, un’altra cosa dovete imparare: l’umiltà, per mettere un suggello sulle vostre labbra e dimenticare quello che avete fatto. (…).

Rispetto

(…) Carlyle ha detto di Roberto Burns che in Europa non c’era gentiluomo più autentico del poeta contadino.  E ciò perché egli amava ogni cosa, il topo, la margherita e ogni cosa, grande o piccola, che Dio ha creato. (…) Conoscete il significato della parola gentiluomo? Significa un uomo gentile: un uomo che fa le cose con gentilezza, con Carità. (…).

Altruismo

(…) San Paolo non ci invita a rinunciare ai nostri diritti. La Carità va molto oltre. La Carità esige che noi non li ricerchiamo affatto, che li ignoriamo, che noi eliminiamo qualsiasi elemento personale dai nostri calcoli. Non è difficile rinunciare ai nostri diritti.  Sono spesso esteriori. La difficoltà è di rinunciare a noi stessi. Ancor più difficile è il non voler nulla per noi stessi. (…) «Cerchi grandi cose per te stesso?» dice il profeta, « non cercarle». Perché non c’è grandezza alcuna nelle cose. Le cose non possono essere grandi. La sola grandezza sta nell’amore non egoista (…).

La Dolcezza

(…) Quando c’è un vizio nelle persone cosiddette virtuose, questa è l’amarezza. È spesso la sola pecca di un carattere nobile sotto ogni altro aspetto. (…) Nessuna forma di vizio – né la sensualità, né la sete di ricchezze, né l’ubriachezza – può scristianizzare la società quanto il cattivo carattere. (…) Non basta combattere il cattivo carattere. (…) Il cuore si ammorbidisce, non già cacciandone via gli umori acidi, ma mettendovi dentro qualcosa: un grande amore, uno spirito nuovo, lo Spirito di Cristo.

Magnanimità

(…) È meraviglioso che in questo mondo duro ed ostinato esista ancora qua e là qualche rara creatura che non pensa al male. La Carità «non tiene conto del male ricevuto», non cerca il movente, vede il lato buono di ogni azione, lo spiega con benevolenza. Delizioso vivere con questa mentalità. Che stimolo, che benedizione incontrala anche per un giorno solo! (…)

Sincerità

«La Carità non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità». Esprimo con «sincerità» il concetto contenuto nelle parole: «si compiace della verità», poiché, per colui che ama, la Verità sarà l’oggetto del suo amore non meno che il prossimo. (…).

La Carità difesa

(…) Ci sono tante cose splendide e piacevoli in questo mondo, cose grandi e nobili, ma non dureranno. Tutto ciò che è di questo mondo, il piacere degli occhi, il piacere della carne, l’orgoglio della vita hanno una breve durata. Quindi non attaccatevi al mondo. Nessuna cosa merita che un’anima immortale si dedichi ad essa o dia la vita per essa. L’anima che non muore deve dedicarsi a qualcosa che non muore ed ecco le sole cose che non muoiono: «Ora rimangono: la fede, la speranza e la Carità; ma di tutte più grande è la Carità». (…).

Epilogo

(…) Ho visto quasi tutte le cose meravigliose che Dio ha fatto, ho provato quasi tutti i piaceri che Dio ha progettato per l’uomo: eppure, guardando indietro, io vedo emergere dalla vita già trascorsa quattro o cinque brevi esperienze in cui l’amor di Dio si rifletteva in una modesta imitazione, in un mio piccolo atto d’amore e queste sono le sole cose che sopravvivono alla nostra vita. Tutto il resto è transitorio . Ogni altro bene è frutto di fantasia. Ma gli atti d’amore che tutti ignorano – e ignoreranno sempre, quelli non falliscono mai.                                                                                                                                                                               

Fonte immagine: https://en.wikipedia.org/wiki/Henry_Drummond_(evangelist)#/media/File:Drummond_Henry_frontispiece.jpg

Webliografia

https://en.wikipedia.org/wiki/Henry_Drummond_(evangelist)

http://henrydrummond.wwwhubs.com/

Biografia

https://archive.org/details/lifeofhenrydrumm00smitiala

http://henrydrummond.wwwhubs.com/lifework.htm

La cosa più grande del mondo

http://henrydrummond.wwwhubs.com/greatest.htm

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