Il futuro della persona nel pensiero cristiano (a proposito del dibattito su Avvenire)

di Luigi Finocchietti                                                                                                                             

Ha destato un grande interesse un articolo del filosofo Francesco D’Agostino comparso sul quotidiano Avvenire del 21 maggio 2017, dal titolo “Oltre la confusione dei personalismi. Impariamo a dire fratelli”.

In questo testo lo studioso di filosofia del diritto ha richiamato pubblicamente l’attenzione sul concetto di “persona” nel pensiero etico-sociale del cattolicesimo e sul percorso filosofico del “personalismo”, i quali termini pur avendo entrambi in generale una grande gamma di significati hanno testimoniato per lungo tempo “l’antimaterialismo della prospettiva cristiana”, e una grande propensione all’attribuzione dei diritti umani fondamentali a tutti gli esseri umani.

Nonostante queste premesse, però, l’autore ha sottolineato come la cultura secolare ha poi lentamente cominciato a stravolgere il modo d’intendere la “persona” fino a un utilizzo “inaspettatamente anticristiano”,  per mezzo del quale si sono sviluppati vari contesti culturali contemporanei in cui il personalismo ha perso la sua univoca vocazione e identità.

Di qui la conclusione, ovvero l’invito a (cito testualmente): “cessare di parlare delle ‘persone’ e tornare a parlare semplicemente di esseri umani, di uomini e donne, di fratelli e sorelle che sono tali non perché si attribuiscono la qualità di ‘persone’, ma perché riconoscono la loro comune identità di figli e figlie di Dio”.

L’intero articolo, e in particolare l’appello finale, hanno comprensibilmente suscitato critiche immediate da parti di alcuni studiosi che a vario titolo hanno operato e continuano ad agire nell’ambito del pensiero personalista cristiano.

A cominciare dal filosofo Giorgio Campanini (nell’articolo comparso su Avvenire di venerdì 26 maggio 2017) che ha criticato piuttosto duramente non tanto il moderno e innegabile utilizzo improprio dei concetti oggetto del dibattito (soprattutto nell’individualismo bioetico), ma l’abbandono di una categoria del pensiero cristiano, quella della ‘persona’, che si è guadagnata un posto non marginale nella storia delle idee. Il confronto con la post-modernità a suo avviso ne impone la ripresa nel solco di una tradizione di pensiero.

Il bioeticista Francesco Bellino (Avvenire, domenica 11 giugno 2017) ha ricordato invece nel suo intervento come già Paul Ricoeur (Esprit, 1, 1983) avesse annunciato la morte dei personalismi ma non della persona, e soprattutto ha riflettuto sul termine ‘fratello’ che a suo avviso non denota diversamente un unico orizzonte di pensiero e non è esente da ambiguità di significato, come testimoniano vari episodi d’intolleranza e violenza realizzati ieri come oggi nel nome di diverse forme di ‘fraternità’. Il termine persona invece non è ambiguo ed è riuscito a sopravvivere alla decostruzione antropologica attuale e risulta tanto più estraneo alla deriva individualistica.

Sempre su Avvenire (Avvenire del 6 giugno 2017) è stata pubblicata successivamente una lettera di un giovane studioso, Paolo Bonini, scritta a nome del Laboratorio di riflessione politica Persona è futuro – esperienza d’impegno culturale e politico che è sorta nell’ambito del personalismo -, nella quale si auspica un aggiornamento di queste categorie attraverso una ripresa del dialogo negli ambienti del cattolicesimo italiano.

Tra le voci critiche sorte sulla rete al di fuori della cornice editoriale di Avvenire sono senz’altro da segnalare quelle di Giulia Paola Di Nicola e Attilio Danese, condirettori della rivista “Prospettiva Persona”. In un intervento firmato da entrambi si è ribadito ancora una volta l’insostituibilità e l’adeguatezza del termine persona nelle battaglie culturali, sociali e politiche orientate dal punto di vista cristiano, e la sostanziale inutilità del ricorso alternativo ai concetti proposti di “sororità” e di “fraternità”. Di grande interesse infine è l’invito, a partire da queste premesse personaliste, a sostenere la costruzione delle “comunità dell’umanesimo cristiano che per Paolo VI s’identificava con la ‘civiltà dell’amore’”.

Tutte queste critiche sono ben comprensibili da chi si è nutrito alla scuola del personalismo comunitario cristiano, ma a mio avviso risultano essere un po’ ingenerose nei confronti di un articolo che chiaramente rappresenta un qualcosa di più di una semplice provocazione giornalistica; si tratta invece di un vero e proprio richiamo al continuo rinnovamento del pensiero filosofico cristiano alla luce dei Vangeli.

Francesco D’Agostino, coerentemente con gli sviluppi del suo pensiero e in continuità con le idee che il suo maestro Sergio Cotta ha sviluppato a proposito delle stesse tematiche, ha posto una questione importante neutralizzata in maniera un po’ troppo sbrigativa dalle critiche pur legittime che sono e stanno seguendo a questo suo testo. Per quanto mi riguarda, inoltre, rappresenta un occasione di riflessione la provenienza di questo tipo di proposta o provocazione che dir si voglia proprio dai ranghi del pensiero filosofico giuridico.

Sia nel testo dell’articolo sia nelle critiche successive si è dato un particolare rilievo all’aspetto etico, sociale e politico del concetto di persona cristianamente inteso. Tutto ciò non meraviglia se consideriamo le caratteristiche originali del personalismo comunitario ma anche la circostanza secondo la quale una parte importante del pensiero cattolico italiano degli ultimi decenni, per reagire storicamente a un certo tipo d’impostazione teorica sessantottina – nutrita marxisticamente da forti interessi per l’ambito sociale, politico ed economico -, ha sviluppato paradossalmente una sensibilità molto orientata verso le stesse aree tematiche (penalizzandone molte altre). La stessa F.U.C.I. ancora nei primi anni novanta, quando ho avuto modo di conoscerla da vicino da studente universitario, presentava una forte identità di questo tipo.

Da questo punto di vista, quindi, la ripresa del dialogo e della ricerca filosofica potrebbe portare a sviluppare più coerentemente interessi maggiormente diversificati.

Per quanto riguarda invece il discusso invito a mettere da parte il termine persona, si potrebbe più prudentemente pensare di considerarlo una parte integrante del dibattito, di provvedere piuttosto a una definitiva assimilazione rispetto a una sua prematura rimozione. La proposta di utilizzare parole come ‘esseri umani’ e soprattutto ‘fratelli e sorelle’ non so quanto possa essere condivisa in ambito filosofico, ma certamente appare suggestiva se vista alla luce del racconto evangelico: …uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli…. (Mt 23 8).

Accettiamo quindi senza timore l’invito a un rinnovamento nello studio, salvaguardando certamente il concetto di persona cristianamente concepito, ma avendo il coraggio di aprirci contemporaneamente a una sorta di nuovo umanesimo cristiano, sulla scorta della tradizione neoscolastica (ma non solo), e in attesa di un neo-personalismo cristiano o comunque orientato al sentire cattolico per il quale adesso forse non ci sono le premesse perché altre strade devono essere percorse.

Webliografia

D’Agostino, Oltre la confusione dei personalismi. Impariamo a dire fratelli

Campanini, Risposta alla dura diagnosi di D’Agostino. Perché va rilanciato il personalismo

Bellino, Ancora una replica alla diagnosi di D’Agostino. Persona: abbandono o ripensamento?

Bonini, La nostra lettera su Avvenire

P. Di Nicola, A. Danese, Da 25 anni al servizio della persona umana

Vittorio Possenti, Personale ed impersonale

Bibliografia

Francesco D’Agostino, voce autobiografica in Filosofi italiani contemporanei, in D. Antiseri, D. Tagliagambe (a cura di e con la collaborazione di V. Cicero), Storia della filosofia dalle origini a oggi, vol. 14, 2008, pp. 132-137.

(Immagine: Patrizia Iervolino, “Vite sospese”, 2008)

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